Riflessioni di Maura Luperto Presidente COEMM INT’L
Ritenere i figli intelligenti e credere in loro è bellissimo ma è importante che non ci siano aspettative che siano i figli a realizzare tutto ciò che non siamo stati in grado di fare noi. Loro devono fare le loro esperienze.
Ciò che va bene per noi non è detto che sia vincente anche per loro. Tutte le nostre convinzioni, la nostra fede, i nostri principi, possono non essere condivisi dai nostri figli, non possiamo chiedergli di essere simili a noi, gli impediremmo di essere se stessi e diventerebbero dei burattini.
Non facciamo il terzo grado ai nostri figli subissandoli di domande, non accusiamoli di parlare poco. Il rapporto con loro deve essere limitato a quando si sta insieme, i genitori non ci sono sempre! E quando non siamo vicini , loro portano con se il nostro amore, l’educazione che gli abbiamo dato, le regole che gli abbiamo trasmesso, ma decidono da soli come e quando servirmene. È così che deve essere.
Se i figli ci fanno tenerezza, accarezziamolo, non diciamolo. Se vogliamo consolarli, abbracciamoli senza sforzarci di trovare le parole giuste, si sentiranno al sicuro. Tocchiamo i nostri figli, facciamoci “sentire”, è meglio privilegiare l’accoglienza fisica alla comprensione verbale, perché di fronte a un gesto eloquente, le parole sono quasi sempre superflue.
Maura Luperto 18 novembre 2018
Ciò che va bene per noi non è detto che sia vincente anche per loro. Tutte le nostre convinzioni, la nostra fede, i nostri principi, possono non essere condivisi dai nostri figli, non possiamo chiedergli di essere simili a noi, gli impediremmo di essere se stessi e diventerebbero dei burattini.
Non facciamo il terzo grado ai nostri figli subissandoli di domande, non accusiamoli di parlare poco. Il rapporto con loro deve essere limitato a quando si sta insieme, i genitori non ci sono sempre! E quando non siamo vicini , loro portano con se il nostro amore, l’educazione che gli abbiamo dato, le regole che gli abbiamo trasmesso, ma decidono da soli come e quando servirmene. È così che deve essere.
Se i figli ci fanno tenerezza, accarezziamolo, non diciamolo. Se vogliamo consolarli, abbracciamoli senza sforzarci di trovare le parole giuste, si sentiranno al sicuro. Tocchiamo i nostri figli, facciamoci “sentire”, è meglio privilegiare l’accoglienza fisica alla comprensione verbale, perché di fronte a un gesto eloquente, le parole sono quasi sempre superflue.
Maura Luperto 18 novembre 2018